(© Andrea Nemiz)

Torino, per i sovrappassi delle Vallette ha vinto l’incuria

Torino, per i sovrappassi delle Vallette ha vinto l’incuria

 

Il Comune ha demolito i tre ponti progettati da Sergio Jaretti Sodano e Renzo Perazzone nel noto quartiere Ina-Casa. A nulla sono valse le offerte d’intervento, collaborazione e partecipazione

 

TORINO. Nel silenzio generale sono stati demoliti, nelle ultime due settimane di marzo, i tre sovrappassi pedonali che collegavano i due lati di viale dei Mughetti, l’asse principale del quartiere Le Vallette, realizzato nell’ambito del programma Ina-Casa a partire dal 1958. Le passerelle erano state completate nel 1985 su progetto di Sergio Jaretti Sodano (1928-2017), in collaborazione con l’ingegner Renzo Perazzone, con lo scopo di superare la linea di “metropolitana leggera” in sede propria che era venuta ad occupare la parte centrale del viale, tagliando di fatto il quartiere in due parti, compresa l’area che avrebbe dovuto costituire – secondo il progetto originario coordinato da Gino Levi Montalcini e al quale avevano collaborato alcuni degli architetti più importanti del periodo – il nucleo dei servizi e spazi pubblici principali del quartiere.

Data anche la posizione centrale rispetto all’assetto urbanistico generale, il tema progettuale era stato per Jaretti (a pochi anni dalla rottura del ventennale sodalizio con Elio Luzi) l’occasione per ragionare sui sovrappassi non come semplici soluzioni di un problema infrastrutturale, bensì come veri e propri spazi pubblici ed elementi del paesaggio urbano. Questo approccio lo aveva portato a prevedere in mezzeria, in due casi su tre, una sorta di “piazzetta-belvedere” in origine arricchita da sedute e da sculture-gioco dell’artista Luigi Nervo, nonché a minimizzare l’ingombro visivo d’insieme, lavorando sia sulla forma della sezione delle due travi Gerber in calcestruzzo armato precompresso dell’impalcato, a intradosso circolare, sia sulla trasparenza e illuminazione dei parapetti. Tali soluzioni, unite a un attento studio dei raccordi con lo spazio verde circostante, rendevano i tre manufatti vere e proprie opere di architettura site-specific, in grado di declinare il tema dell’attraversamento tramite variazioni e adattamenti al contesto, offrendo inediti punti di vista sul quartiere e sulle Alpi.

Alle complesse aspirazioni del progetto si sono contrapposti, fin da subito, una gestione “al ribasso” delle nuove strutture e un malcontento diffuso degli abitanti, che ad esse tesero ad attribuire, più che il ruolo di unione e dunque di soluzione di un problema, la “colpa” di aver cristallizzato, intorno alle odiate barriere di perimetrazione della linea di metropolitana leggera, poi divenuta una semplice linea tramviaria, la riorganizzazione della viabilità e dunque della vita del quartiere. Ciò nonostante, dal momento della loro costruzione i sovrappassi hanno svolto efficacemente la loro funzione, entrando non solo a far parte dell’immaginario delle Vallette, ma divenendone anche – per gli osservatori curiosi, i gruppi di studenti, i cittadini, i turisti – uno dei luoghi cardine per comprenderne, con una visione d’insieme, caratteri e struttura morfologica. L’incuria e l’assenza pressoché totale di manutenzione ne hanno, tuttavia, determinato il progressivo degrado, fino alla recente chiusura per motivi di sicurezza: pavimentazioni sconnesse e, soprattutto, un complessivo stato di ammaloramento delle strutture in calcestruzzo armato, su cui il Comune non ha però ritenuto necessario effettuare indagini diagnostiche approfondite.

La scelta dell’abbattimento, la sua discussione con la cittadinanza solo a lavori già appaltati, rappresentano così l’esito di un processo nel quale hanno agito considerazioni emotive (dopo la tragedia del “Ponte Morandi”) e riduttive al tempo stesso – La struttura ha un problema? La demolisco – fotografando l’idea di un Paese chiuso alla sperimentazione e all’innovazione, nonché alla cura del patrimonio storico più recente. Nel caso specifico, ne sono dimostrazione l’esclusione di ragionamenti volti ad intercettare, ordinare e riconnettere progettualmente le diverse questioni in gioco – da quelle relative alla sicurezza a quelle fruitive e socio-culturali – e le valutazioni circoscritte al solo perimetro tecnico, economico e normativo; per cui ad esempio, una volta demolite le passerelle e date le distanze di percorrenza fra i passaggi pedonali a raso esistenti (le stesse distanze che a suo tempo avevano motivato la costruzione dei sovrappassi), non vi sarebbe l’obbligo – nonostante le richieste degli abitanti – di realizzare nuovi attraversamenti, rispetto ai quali infatti il Comune si è espresso al momento negativamente, vista la scarsità delle risorse finanziarie disponibili.

A nulla sono valsi gli interventi di chi scrive, l’offerta di una collaborazione, verificata anche con alcuni colleghi del Politecnico di Torino esperti sui temi della diagnosi e dell’intervento sulle strutture in calcestruzzo armato precompresso, né tantomeno il tentativo, da parte di alcuni residenti delle Vallette, di avviare un dibattito allargato, in grado di tessere nuove reti e occasioni di confronto finalizzate a interrogarsi sul futuro di un quartiere che, nel riconoscimento delle sue qualità architettoniche e urbane, potrebbe trovare una delle possibili leve per ridefinire in positivo la propria identità.

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