La strada, spazio pubblico per eccellenza
La pandemia ha evidenziato lo stretto rapporto esistente tra strada e città attraverso le modifiche di utilizzi e modalità, portando nuove riflessioni e ricerche
Published 5 luglio 2021 – © riproduzione riservata
Strada e città hanno sempre costituito un rapporto di fatto e quanto meno di grande attualità.
La strada è lo spazio pubblico per eccellenza ed elemento stabile della dinamica urbana. Su di essa si sono sempre affacciate le attività commerciali, le residenze e gli uffici, le attività pubbliche e culturali. Così è da oltre due secoli in Occidente e, anche quando si è tentato di dividere le “funzioni” urbane dalle strade, esse hanno resistito consolidando il loro ruolo urbano generativo. La loro resilienza non è solo socio-economica, ma anche di forma: un percorso per gli automezzi, uno per i pedoni, uno per le biciclette. Forse domandarsi il perché è inutile. La strada è il tipo più evidente del rapporto forma-funzione. Il riferimento, qui, è quello delle high street, cioè di quelle vie commerciali, principali nella struttura urbana, ma il tema dovrebbe essere esteso all’intero tessuto e, in prospettiva, al concetto della “città dei 15 minuti” a cui l’argomento è correlato. Un approfondimento in questo senso potrebbe aprire un orizzonte efficace e costruire un indice di lavoro dedicato al ruolo di spazio pubblico che la strada occupa.
La strada è sempre stata paradigma della città, luogo in cui si esercitano forme dirette di scambio e di relazione informale e conviviale, luogo di scontri o di più pacifiche manifestazioni civili. Come la piazza, è diventata nella città moderna espressione di democrazia. Oggi, dopo la pandemia che l’ha svuotata, sembra ridiventare popolare nel ritorno alla “normalità”; si esce, si passeggia, si osserva ci si riappacifica con sé stessi, si riapre un dialogo con la comunità.
Le connessioni urbane non solo uno spazio tecnico ma patrimonio culturale, valore sociale e strumento declinabile in diverse forme e con una forte vocazione al rapporto diretto con gli edifici anche attraversandoli ad un livello d’integrazione altissimo. Esse sono, tuttavia, anche motivo d’impatto ambientale. Ridurne l’inquinamento, renderle flessibili, inclusive e sicure sono obiettivi primari. Questo è raggiungibile solo se saranno intese come elementi complessi in equilibrio tra idea di spazio aperto e connessione nel disegno urbano. Recenti ricerche si stanno focalizzando proprio sul loro valore sociale, come ambito di relazione e inclusione soprattutto nelle città in cui il fenomeno migratorio è stato più importante. L’inclusione è parte del problema delle emergenti disuguaglianze e la strada ne è tema in quanto luogo condiviso.
La pandemia ha fatto emergere una carenza di spazi pedonali e ciclabili. La domanda si è fatta più chiara, gli spostamenti a piedi o in biciletta hanno, oggi, un ruolo decisivo anche per la salute pubblica e in molte città le biciclette sono considerate l’opzione migliore per muoversi. Spostarsi da un luogo all’altro, in particolare nella città europea, significa ripercorrere la rete permanente che l’ha strutturata storicamente; per questo l’integrazione funzionale non può che emergere da una pianificazione che preveda uno sviluppo integrato tra connessioni e destinazioni e non la loro separazione. Le ricerche in questo senso si stanno focalizzando proprio sull’impatto locale delle strade dello shopping e della loro interazione con gli spazi pedonali e ciclabili in città più dense e sostenibili.
La pandemia ha anche modificato l’uso dei trasporti da parte dei residenti per accedere ai servizi e al tempo libero. Ciò comporterà un aggiornamento della politica della mobilità a scala locale e territoriale, tenuto conto dei modelli di lavoro a distanza che ne prevedono una riduzione generale con conseguente diminuzione dell’impatto.
Densità urbana, “città dei 15 minuti” e strada sono temi connessi tra loro e di attualità. Su questi è utile ricordare alcune importanti ricerche prodotte da LSE Cities, che hanno esplorato le esperienze di vita dei residenti in insediamenti ad alta densità e le analisi sul tema delle high street, di cui ne indagano i valori sociali e le prospettive per il disegno urbano. La pandemia ha amplificato il valore dello spazio pubblico per il nostro benessere. Molti dei progetti attuali rivelano come semplici gesti architettonici possano trasformare spazi dimenticati o sottoutilizzati in luoghi di connessione e integrazione. Sarebbe importante trarne indicazioni per implementare anche gli studi progettuali sulla strada come spazio pubblico, ove spesso invece notiamo un’assoluta assenza di progetto e di controllo generale.
Architetto, membro del Consiglio direttivo nazionale di IN/Arch. Ha insegnato, come professore a contratto, Progettazione architettonica e urbana presso il Politecnico di Milano dal 1994 al 2013. Ha collaborato a programmi di ricerca finanziati dal Ministero della Pubblica istruzione e dal Ministero per l’Università e la ricerca scientifica e tecnologica. Ha partecipato a iniziative in Italia e all’estero quale docente e relatore in seminari internazionali. Ha curato volumi e pubblicato saggi e contributi teorici su riviste specializzate