Foto di Nicola Palumbo

Paolo Portoghesi, intellettuale dicotomico

Paolo Portoghesi, un intellettuale dicotomico

Il ricordo dell’IN/Arch nella testimonianza di Massimo Locci

 

Published 3 giugno 2023 – © riproduzione riservata

Quando ci lascia una figura del calibro di Paolo Portoghesi, uno dei pochi architetti italiani noti in tutto il mondo, i bilanci sono imprescindibili ma anche difficili. Di fronte al coro dei consensi usciti sui media, che rivendicano per Portoghesi un ruolo di grande storico dell’architettura, progettista e urbanista, è difficile non condividere le considerazioni critiche di Luca Zevi e di Luigi Prestinenza Puglisi ma, al contempo, è necessario valutare con più attenzione il suo contributo complessivo alla cultura contemporanea.

Figura centrale nel dibattito architettonico italiano, a partire dagli anni cinquanta, Portoghesi è stato un riferimento per molti architetti – per alcuni aspetti compreso chi scrive – che l’hanno stimato come storico e critico dell’architettura, teorico e docente, fotografo e direttore di riviste, comunicatore e animatore culturale. Portoghesi appartiene alla generazione che si è trovata a riflettere sulla contraddizione e sulla crisi di alcune modalità operative del Movimento moderno (International Style). Si è focalizzato da subito sul recupero della tradizione aulica e popolare che, sulla linea tracciata da Bruno Zevi, ha stabilito un rapporto critico ma fecondo con la storia, riscoprendo i valori identitari dei luoghi e della memoria collettiva.

Il metodo storico di Portoghesi”, ha scritto Giulio Carlo Argan, “non consiste nella operazione relativamente facile di trovare Palladio in Alvar Aalto o Borromini in Wright, ma nella operazione inversa e più difficile di trovare Aalto in Palladio e Wright in Borromini; ergo nel dimostrare che, dati Palladio e Borromini, non possono non esserci Aalto e Wright, e quello che viene dopo fino all’impegno morale, personale dello storico. Si entra così in un ordine di necessità, lo stesso per cui lo storico non può non essere un politico: la poetica non è la premessa, ma la necessità etica dell’impegno sul piano operativo dell’arte”.

 

Un progettista discutibile

Tra le sue molteplici attività non ho citato la progettazione architettonica, e non a caso. Per me, infatti, tranne i progetti iniziali che creano un corto circuito tra la forma libera della ricerca moderna e le linee curve del Barocco (Casa Baldi, la Chiesa di Salerno-Fratte, la casa Papanice, fino alla Moschea di Roma e al complesso residenziale Enel a Tarquinia), il suo contributo in termini di soluzioni formali e di linguaggio espressivo è stato, a dir poco, discutibile.

Direi quasi l’opposto di quanto con sapienza, sensibilità e grande capacità anticipatrice scriveva nei suoi testi e raccontava nelle sue straordinarie conferenze, affascinando il pubblico con riferimenti colti, letterari, artistici, cinematografici e di alto spessore spirituale. Proponeva valori antichi per la modernità, da intendersi come contenuti profondi del progetto e non epidermici, complessi e stratificati, soprattutto di non facile acquisizione, quindi travisabili. In tal senso si è contrapposto all’autorialità autoreferenziale, tipica delle grandi star, che è diventata una deformazione diffusa.

Viceversa, per l’architetto contemporaneo, intravedeva un ruolo di tutela e cura dell’habitat di vita degli uomini, sia nella città, che considerava “malata” per incuria e disattenzione, conferendo nuovo valore allo spazio urbano, sia nello spazio naturale. Negli ultimi decenni Portoghesi ha riproposto l’architettura a misura d’uomo e organica di Frank Lloyd Wright, sostenendo, in particolare, la necessità di un nuovo patto tra architettura e natura, per contenere il consumo di risorse energetiche e non esaurire la “bellezza e l’armonia del creato”. Tema su cui stava lavorando in questo ultimo periodo.

Pioniere dell’architettura bioclimatica ed ecocompatibile, egli affermava: “La mia filosofia della progettazione è la natura. Capire le forme della natura. La forma che noi diamo alla materia dell’architettura ne riassume completamente la funzionalità, l’estetica e il suo messaggio simbolico. Tuttavia queste forme della natura non possono essere imitate, devono essere capite. L’architettura è il modo in cui l’uomo ha cercato di abitare la terra, per proteggersi dalle intemperie, ma soprattutto per rendere evidente la sua esistenza”.

Approcci pienamente condivisibili sotto il profilo teorico che, a mio parere però, trovano poco riscontro nella sua intensa attività progettuale, non solo per l’anacronistica e semplicistica riproposizione di stilemi del passato, incomprensibile per un intellettuale della sua levatura che credeva in un’architettura topologica che ha una specifica relazione con il suo tempo e con il luogo, ma per aver realizzato oggetti irrilevanti nel contesto urbano e che, a dispetto da quanto da lui giustamente teorizzato, non creano spazi gradevoli, luoghi felici per la collettività. Trovo molti di questi edifici, piazze, giardini banali e sgraziati, dove non si rintraccia il rigore metodologico di Mario Ridolfi e Ignazio Gardella, l’approccio storicistico di Philip Johnson e Aldo Rossi o la vena ironica dei linguaggi pop alla Robert Venturi, Hans Hollein o Charles Moore, che erano stati da lui scelti, con non poche forzature, come figure di riferimento (padri putativi) della tendenza postmoderna.

 

Una figura di riferimento

Sarà però con il saggio Le inibizioni dell’architettura moderna (1976) che diventerà riferimento e sostenitore del postmodernismo in Italia. Contemporaneamente, la prima mostra internazionale di architettura alla Biennale di Venezia “La presenza del passato” e, in particolare, “La via nuovissima” alle Corderie dell’Arsenale, restituite alla città su sua sollecitazione, rappresentano la temporanea glorificazione del Post Modern e una pietra miliare nell’organizzazione di strumenti per la comunicazione architettonica e di confronto sul tema del progetto. Mostre, convegni, consultazioni a tema con modalità innovative che Portoghesi aveva esperito proprio all’IN/Arch negli anni sessanta.

Nel 1980, la mostra internazionale di architettura rappresentò un evento di rilievo internazionale, acquisendo il ruolo di massimo confronto disciplinare e interdisciplinare, che si è consolidato sempre più nel tempo. In quella mostra furono invitati venti architetti di vari orientamenti e poetiche. Fatta eccezione per Hans Hollein, Oswald Mathias Ungers e Robert Venturi, non erano tutti notissimi, ma alcuni a breve diventeranno figure di rilievo internazionale: da Frank O. Gehry a Arata Isozaki, da Rem Koolhaas a Jan Kleihues.

 

I lasciti come storico

Più importanti e universalmente riconosciti sono, invece, i suoi lasciti come storico, con straordinari contributi sull’architettura dell’età moderna, intesa canonicamente dal Cinquecento al contemporaneo. Il primo saggio è su Guarino Guarini (1956), segue il monumentale libro su Michelangelo Architetto, realizzato con Zevi, e varie altre straordinarie pubblicazioni sul Barocco romano e internazionale, consultate e “razziate” da generazioni di studiosi, sottoscritto compreso, in quanto concentrato di temi e informazioni. Portoghesi si è a lungo occupato anche di architettura del Liberty, con approfondimenti su Filippo Basile e su Victor Horta, dell’architettura post-unitaria, del design del Novecento e sulla geoarchitettura.

Significative anche le sue intersezioni con il mondo dell’arte, lavorando con critici e artisti, organizzando mostre e partecipando a numerosi convegni e dibattiti sul tema della comunicazione visiva; credeva in un nuovo dialogo interdisciplinare ma senza un’assimilazione reciproca dei linguaggi. Proprio nella mostra progettata in contemporanea con il citato libro sull’opera michelangiolesca, Portoghesi realizza uno straordinario allestimento, tra Arte concettuale e Visual art che, nel continuum informale, dava concretezza spaziale ai disegni michelangioleschi per le fortificazioni fiorentine. Una mostra straordinaria e controcorrente che non aveva materiali originari ma solo modelli e foto, spesso gigantografie inclinate e ruotate per consentire all’osservatore di entrare virtualmente nello spazio reale del monumento.

Un secondo aspetto interessante della biografia di Portoghesi, che non può passare in secondo piano, riguarda la presenza nelle istituzioni culturali italiane, il suo contributo d’idee innovative, il ruolo di docente dentro e fuori l’università, la ricchezza d’iniziative nella pubblicistica di settore. Oltre che membro fondatore dell’IN/Arch, a soli 35 anni diventa membro dell’Accademia Nazionale di San Luca (di cui diventa presidente), poi dell’Accademia dei Lincei e nell’American Institute of Architects, socio dell’Accademia delle Arti di Firenze. Insegna giovanissimo a Roma e poi nella Facoltà di architettura di Milano (nel 1968 ne diventa preside); infine di nuovo a Roma alla Sapienza. È stato il primo direttore del settore architettura della Biennale di Venezia (1979) della quale è poi stato presidente (1983).

Tra le attività editoriali ha diretto il Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica (1968), fondato prima la rivista “Controspazio” (1969), poi “Itaca” ed “Eupalino”, diretto “Materia”  e infine, dal 2001 a oggi, “Abitare la terra”.

 

 

Autore

  • Massimo Locci

    Militante e critico, ha scritto numerosi libri e saggi di analisi urbana, storia e critica dell’architettura. Dal 1978, anno della laurea a Roma, ha svolto un’intensa attività di docente presso università italiane (Roma, Ascoli, Potenza, Napoli) e di organizzazione e cura di mostre, convegni, workshop di progettazione. Fa parte della redazione di Presst/Letter e “Le Carrè Bleu”. È stato direttore del canale multimediale MEDIARCH, membro del Comitato Scientifico della Casa dell’Architettura di Roma e vicedirettore della rivista AR dell’Ordine degli Architetti di Roma. Ha fatto parte delle redazioni di: L’Architettura C/S, L’Architetto Italiano, Compasses, D’Architettura. Nell’attività professionale si è occupato di recupero urbano, attrezzature e servizi pubblici (uffici, scuole, parchi, strutture universitarie ed espositive) e privati (alberghi, uffici, centri commerciali). Molte sue opere sono state pubblicate su Domus, Casabella, Controspazio, Wettbewerbe). All’interno di IN/ARCH è Direttore del Comitato Scientifico Nazionale.

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