Opere del Novecento: Roma chiama, Messico risponde
A Città del Messico, mostre e incontri in occasione del 150° dei rapporti diplomatici tra Italia e Messico
Published 19 marzo 2024 – © riproduzione riservata
Il 15 marzo a Città del Messico si è conclusa la mostra “Distrito Contemporáneo de Roma. Un siglo de arquitectura e ingeniería”, allestita presso il vestibolo della Facoltà di Architettura dell’Universidad Nacional Autónoma de México. La mostra, curata da María Margarita Segarra Lagunes e Rosalia Vittorini con gli autori del presente articolo, è stata promossa dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’Università di Roma Tre – Dipartimento di Architettura, l’Universidad Nacional Autonoma de Mexico – Facultad de Arquitectura, il MAXXI – Museo delle Arti del XXI Secolo di Roma e Docomomo Italia.
Il progetto del Distretto contemporaneo di Roma nasce da un’idea dell’ambasciatore Umberto Vattani con l’obiettivo di avviare un’attività di valorizzazione e tutela nei confronti di un’importante area della capitale, da proporre come la Roma contemporanea anche a un pubblico internazionale. Il progetto è promosso da Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale-Collezione Farnesina, Sapienza Università di Roma-Dipartimento di Architettura e Progetto-QART Laboratorio per lo studio di Roma Contemporanea, Docomomo Italia, Università IUAV di Venezia e Venice International University.
L’esposizione è stata inaugurata dal preside della Facoltà di Architettura Juan Ignacio del Cueto Ruiz Funes in occasione de “I Coloquio Italia-México en la arquitectura del siglo XX” tenutosi presso l’auditorium del MUCA (Museo Universitario delle Scienze e delle Arti, UNAM) il 27 e 28 febbraio. L’incontro ha messo a confronto specialisti italiani e messicani sui temi dell’architettura del Novecento, con l’obiettivo d’indagare i rapporti tra l’architettura e l’ingegneria dei due paesi, alla ricerca di temi comuni e di reciproci scambi e influenze. L’evento è stato parte delle iniziative volte a celebrare i 150 anni dei rapporti diplomatici tra Italia e Messico, tra le quali l’inaugurazione della mostra “La Gran Visión Italiana. La Collezione Farnesina” curata dal critico d’arte Achille Bonito Oliva e ospitata dal Museo de Arte Moderno.
Il Distretto contemporaneo di Roma in tre fasi
La mostra ha illustrato l’evoluzione del tessuto urbano dell’area Flaminia, mettendo in evidenza opere eccellenti che appartengono a tre fasi storiche: il ventennio fascista, il secondo dopoguerra con le Olimpiadi del 1960, la contemporaneità che arriva ai nostri giorni. Le opere selezionate rappresentano tappe significative per lo sviluppo architettonico e ingegneristico della capitale contemporanea e vedono in un primo momento sulla scena figure di rilievo come Enrico Del Debbio, Luigi Moretti o Vincenzo Fasolo, i quali, nella prima metà del XX secolo contribuiscono alla realizzazione del Foro Italico: un monumentale complesso sportivo urbano che aspira ad un futuro moderno senza perdere i legami con la tradizione.
Dopo la guerra, il Distretto amplia la sua vocazione sportiva grazie alle Olimpiadi del 1960, con la presenza d’impianti e infrastrutture in cui architettura e ingegneria si mescolano: impianti come il Palazzetto dello Sport o lo Stadio Flaminio, firmati da Pier Luigi Nervi, divengono, insieme ai monumenti antichi, lo scenario delle gare trasmesse per la prima volta in tutto il mondo. Nel Villaggio olimpico gli architetti Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti e Vincenzo Monaco, e Luigi Moretti sperimentano nuovi modi di abitare sulla base dei principi del Movimento moderno: il progetto di un nuovo quartiere, su pilotis e non temporaneo, che al termine degli eventi sportivi ospiterà 1.500 famiglie e che considera come elemento ordinatore l’ambiente naturale.
Sul finire del secolo, alla vocazione sportiva si affianca quella culturale. Il Distretto diviene un nuovo polo attrattivo per arte, cinema, musica e architettura, con l’introduzione di opere architettoniche dalle firme internazionali: l’auditorium Parco della musica di Renzo Piano, la moschea e centro culturale islamico di Paolo Portoghesi o il MAXXI di Zaha Hadid. Oggi questo aspetto non si è ancora esaurito: nuove forme di gestione e comunicazione degli spazi urbani sono in corso di realizzazione con la progettazione del Grande MAXXI e dell’omonimo Museo della scienza firmato da ADAT Studio.
Il Brutalismo messicano fa bella mostra di sé
Fino al 7 aprile il Museo de Arte Moderno (MAM) di Città del Messico ospita la mostra “Brutalismo arquitectónico en México”, a cura dall’architetto Axel Arañó. Più di 65 opere, rappresentate con fotografie, planimetrie, plastici e sculture raccontano l’intensa attività progettuale realizzata a Città del Messico, Guadalajara, Veracruz, Monterrey e nell’Estado de México a partire dagli anni settanta e ottanta fino ai nostri giorni, tenendo conto del contesto storico e politico nazionale e internazionale. Sviluppatosi in Inghilterra negli anni sessanta come reazione all’architettura del Movimento moderno, il New Brutalism mette a nudo gli edifici, tentando di “affrontare la società di produzione in massa traendo una sorta di «rozza poesia» dalle forze potenti e confuse che sono in gioco” (Peter Smithson, 1956). Il nuovo e versatile béton brut, tanto caro a Le Corbusier, diviene così materiale preponderante per l’edilizia dell’America Latina, data la facile produzione da parte delle industrie locali non ancora altamente specializzate. In Messico l’architettura brutalista spicca soprattutto negli edifici pubblici, istituzionali e residenziali, divenendo parte integrante dell’immaginario collettivo di molte città. Dopo una fase di abbandono stilistico negli anni novanta, essa è tornata sulla scena urbana in questi ultimi anni, poiché considerata dagli architetti una tecnica costruttiva efficiente anche rispetto alle sfide ambientali. Attraverso un ampio excursus storico che parte dalle origini del movimento emerso in europa fino al suo sviluppo in Messico, l’esposizione analizza gli elementi formali, nonché i temi ricorrenti, del brutalismo messicano: la griglia, i prismi scultorei, l’edilizia collettiva e popolare e lo spazio cerimoniale. Le opere raccolte sono eterogenee ma emblematiche: tra queste, le Torri di Ciudad Satélite, di Luis Barragán e Mathias Goeritz, il Collegio militare di Agustín Hernández, gli edifici di Teodoro González de León e Abraham Zabludovsky come l’Università pedagogica, la sede della casa editrice Fondo de Cultura Económica e il Colegio de México, le torri di Francisco Serrano e González de León nel quartiere Interlomas, ma anche la straordinaria Corona del Pedregal del Espacio escultórico della UNAM, realizzata nel 1979 da Goeritz e altri, fresca vincitrice del Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino 2023-24.
Architetto (1990), si forma tra Reggio Calabria e Roma,
conseguendo nel 2018 la Laurea Magistrale in Architettura-Restauro presso
l’Università degli Studi Roma Tre. Da diversi anni porta avanti l’attività di assistente
alla docenza presso la Facoltà di Architettura Roma Tre e collabora con diversi studi
professionali confrontandosi sia su temi di progettazione che di restauro.