Michele Talia: una legge per il governo del territorio all’altezza delle sfide che ci attendono

Michele Talia: una legge per il governo del territorio all’altezza delle sfide che ci attendono

 

Il presidente illustra la proposta di legge con cui l’Istituto Nazionale di Urbanistica intende definitivamente “pensionare” la normativa del 1942

 

Published 27 novembre 2023 – © riproduzione riservata

FIRENZE. Nel corso della manifestazione Urbanpromo Progetti per il Paese, giunta alla 20° edizione e svoltasi all’Innovation Center di Fondazione CR Firenze dal 7 al 10 novembre, l’Istituto Nazionale di Urbanistica ha presentato una nuova proposta di legge sul governo del territorio. A valle della presentazione abbiamo interpellato Michele Talia, presidente di INU, per sapere di più in merito all’iniziativa.

 

Presidente Talia, qualora fosse promulgata, questa legge sostituirà quella del 1942?

Nel lento e tortuoso percorso compiuto dalla cultura tecnica italiana dalla nozione di “urbanistica” a quella di “governo del territorio”, la legge 17 agosto 1942, n.1150 ha forse raggiunto il capolinea. Lungo oltre ottant’anni di storia i principali cambiamenti avvenuti, o semplicemente auspicati, hanno visto nell’INU un fondamentale ispiratore. Così è avvenuto con la stessa legge urbanistica nazionale tuttora vigente, quando il contributo fondamentale dell’INU ha consentito di operare una complessa transizione dall’accademismo al Movimento moderno, indispensabile per il varo di un nuovo quadro normativo. Oppure con il tentativo di introdurre, nel 1960, un nuovo regime dei suoli, che la riforma Sullo ha tentato inutilmente d’importare anche nel nostro Paese. O ancora, nel 1995, quando la proposta di una nuova legge urbanistica non ha prodotto conseguenze significative a livello nazionale, ma ha inaugurato una proficua stagione di esperimenti innovativi promossi da numerosi governi regionali nel corso di oltre un decennio.

A differenza di altre proposte elaborate in passato, il progetto che abbiamo messo a punto in questi mesi può, e forse deve proporsi il deciso superamento della Legge 1150. Lo richiede se non altro la palese obsolescenza dei principi generali che ne avevano ispirato la stesura (“assicurare, nel rinnovamento ed ampliamento edilizio delle città, il rispetto dei caratteri tradizionali, di favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all’urbanesimo”), o la congerie di stratificazioni spesso incoerenti che ne hanno indirizzato nel tempo l’implementazione. Ma naturalmente il superamento della legge fondamentale della disciplina urbanistica non costituisce un traguardo scontato; esso richiede un opportuno dosaggio di abrogazioni e di norme transitorie, che dovranno essere discusse già a partire dai prossimi mesi con la vastissima platea dei soggetti e attori della pianificazione.

 

C’è una sensibilità al tema da parte del mondo politico? Chi la sosterrà, dentro e fuori il Parlamento?

Il percorso della nuova proposta di legge tra sedi istituzionali e iniziative di confronto con i principali stakeholders è appena iniziato, ma tende fin da ora a manifestarsi un notevole interesse per le ripercussioni che l’iniziativa dell’INU potrà avere per le molte materie coinvolte nella riforma del governo del territorio. In realtà la precedente legislatura aveva già visto un tentativo che muoveva nella stessa direzione, ma la Commissione che era stata insediata dal ministro Giovannini aveva dovuto interrompere precocemente il proprio lavoro a causa della crisi di governo, e di questa esperienza vogliamo cogliere l’insegnamento, soprattutto per quanto riguarda una certa difficoltà, registrata in quell’occasione, nel suscitare l’attenzione e il favore dei protagonisti del processo di pianificazione. Anche per questo motivo il testo che abbiamo predisposto non si limita a ripercorrere i passi compiuti in quella circostanza da un gruppo di esperti che ha scelto di operare nello stretto perimetro di una legge di principi, ma punta piuttosto a proporre un modello normativo “multifunzionale”, che vuole cioè essere in grado di affiancare alla formulazione dei principi fondamentali e delle regole generali del governo del territorio, anche la disciplina di alcuni argomenti di legislazione esclusiva dello Stato, nonché l’individuazione di quelle materie in cui la presente legge provvede ad operare una delega al Governo ad emanare i necessari decreti legislativi nell’ambito dei principi e dei tempi ivi definiti.

La strada che abbiamo imboccato è probabilmente inedita, e presenta i rischi di una sperimentazione compiuta senza rete, ma sono convinto che l’aver toccato questioni cruciali per le politiche pubbliche, e per la disciplina del contenimento del consumo di suolo e della rigenerazione territoriale e urbana, potranno attirare l’attenzione di una vasta platea di soggetti e, ci auguriamo, anche il consenso delle forze politiche.

 

A proposito, il consumo di suolo e il rischio idrogeologico rappresentano due tra le principali emergenze nazionali: come la futura legge intende affrontarle? Le cronache recenti ci dicono che entrambe le tendenze sono in aggravamento. Colpa dell’assenza o dell’inefficacia della pianificazione?

Anche per effetto di cambiamenti climatici sempre più intensi, gli ultimi anni hanno registrato una progressiva accentuazione dei fenomeni di dissesto e, al tempo stesso, una crescente responsabilità dei fattori antropici nel determinarne l’intensificazione. Sebbene questa concatenazione risulti sempre più evidente, le politiche pubbliche fanno fatica ad abbandonare l’approccio settoriale che ha caratterizzato finora non solo gli interventi rivolti alla riduzione del rischio idrogeologico, ma anche le misure che sono state indirizzate al contenimento del consumo di suolo. Alla base di questo dialogo a distanza tra l’obiettivo della riduzione della pressione antropica da un lato, e quello della messa in sicurezza del territorio dall’altro, vi è molto probabilmente l’incapacità della pianificazione di porre entrambe queste emergenze alla base delle proprie elaborazioni, rinunciando alle opportunità offerte da una lettura integrata di fenomeni che spesso si sviluppano l’uno accanto all’altro e in rapida successione.

Al contrario, nella proposta dell’INU non solo il contenimento del consumo di suolo e la messa in sicurezza del territorio vengono affrontati in uno stesso articolo (il n. 5), ma subito prima, nell’articolo 4, la disciplina degli interventi di rigenerazione urbana e territoriale pone le basi per una lettura integrata di un ampio ventaglio d’interventi che spaziano dal recupero, dalla riqualificazione e dal rinnovo della città esistente, fino alla rimozione dei detrattori ambientali e dei manufatti incongrui. Non solo; sempre in questo articolo la nostra proposta pone le basi per un effettivo decollo delle politiche di rigenerazione, prevedendo da un lato l’istituzione di un Fondo nazionale per la rigenerazione urbana e territoriale che sia in grado di assicurare alle Regioni un flusso adeguato di risorse finanziarie, e dall’altro l’adozione di misure fiscali finalizzate all’agevolazione degli interventi di rigenerazione.

 

In precedenza Lei ha affermato che la norma «disciplinerà alcuni argomenti di legislazione esclusiva dello Stato, nonché individuerà quelle materie in cui la presente legge provvede ad operare una delega ad emanare i necessari decreti legislativi nell’ambito dei principi e dei tempi ivi definiti». Ci può fare qualche esempio? 

Per quanto riguarda il primo aspetto, la proposta dell’INU punta in particolare ad operare una revisione della materia affrontata, oltre cinquant’anni fa, dal DM 1444/68 che ha disciplinato le quantità minime e inderogabili di spazi pubblici e servizi da assegnare ad ogni abitante. Intervenendo in un campo di competenza esclusiva dello Stato, si punta a favorire la sostituzione graduale di un approccio prevalentemente parametrico nel dimensionamento degli standard con nuovi criteri quali-quantitativi, tipologici e prestazionali, facendo sì che il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della popolazione urbana proceda di pari passo con l’introduzione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). Sia detto per inciso che innovazioni di questo tipo non si limitano a promuovere un miglioramento del progetto della città pubblica ma possono evitare, altresì, che il percorso verso una crescente devoluzione di competenze alle Regioni non si traduca in un ulteriore decadimento dei livelli di equità sociale.

Per quanto riguarda invece le parti del nostro articolato in cui si propone di attribuire al Governo una specifica funzione legislativa (decreto legge) ai sensi dell’art.76 della Costituzione, il riferimento è offerto da due questioni urgenti e decisive, quali la fiscalità urbanistica e la rigenerazione urbana, che nelle intenzioni dei proponenti si prevede che non vengano affrontate in modo autoreferenziale e settoriale, ma puntando piuttosto ad un loro inserimento organico entro la cornice offerta dalla Legge di Governo del territorio.

 

Il comunicato dell’INU afferma che si passerà da un sistema di conformità a uno di coerenza: che cosa significa? Passare a valutazioni anche qualitative garantirà la forza giuridica delle prescrizioni?

Effettivamente uno degli aspetti che caratterizzano maggiormente il progetto di legge messo a punto dall’INU è costituito dalla proposizione di  una nuova forma del piano, che si prefigge di sostituire progressivamente il principio di conformità con quello di coerenza. Per effetto di questo cambio di paradigma, la disciplina urbanistica dovrebbe ricercare un accordo sostanziale, da parte di ogni nuovo strumento di pianificazione, con gli obiettivi e gli indirizzi fissati dai piani sovraordinati, conseguendo il duplice effetto di favorire la flessibilità degli strumenti urbanistici, e di ottenere una consistente riduzione del ricorso alle varianti urbanistiche. Per il nostro Istituto questo nuovo progetto potrà contribuire in misura significativa a far sì che la pianificazione urbanistica risulti maggiormente in sintonia con le nuove sfide che il governo del territorio dovrà affrontare: dalle conseguenze in larga misura imprevedibili della transizione ecologica all’adattamento ai cambiamenti climatici, dalla prevenzione del rischio idrogeologico fino al progressivo azzeramento del consumo di suolo.

Naturalmente, questo cambio di prospettiva non potrà essere istantaneo e, come ho già detto in esordio, prevede un passaggio graduale e non privo di incognite, verso una nuova cultura della pianificazione che la nuova legge tende evidentemente a incoraggiare. Lungo il percorso che abbiamo intrapreso, la forza giuridica delle prescrizioni, o il ricorso allo strumento della variante non saranno abbandonati, ma verranno utilizzati con moderazione, quando cioè i processi attuativi ordinari non sembreranno più in grado di conseguire gli obiettivi e i contenuti struttural-strategici della pianificazione vigente.

 

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