© Antonello Alici

Valorizzare l’architettura moderna non è solo questione per addetti ai lavori

Valorizzare l’architettura moderna non è solo questione per addetti ai lavori

Report dall’assemblea annuale Docomomo Italia a Urbino, con focus sul piano di conservazione dei collegi di Giancarlo De Carlo

 

Published 24 maggio 2022 – © riproduzione riservata

URBINO. Giancarlo De Carlo ha costruito la Urbino moderna: che cosa resta oggi della sua eredità? Molte architetture sedi delle facoltà universitarie, i collegi, e l’inedita Ca’ Romanino. Realizzata per il filosofo Livio Sichirollo, assessore della giunta Mascioli, costruita nella campagna urbinate (oggi Fondazione di partecipazione), un inedito per l’architetto genovese che ha dedicato tutta la sua vita al progetto di edifici pubblici. Proprio a Ca’ Romanino si sono dati appuntamento i soci dell’associazione Docomomo Italia, che hanno tenuto a Urbino la loro assemblea annuale [nell’immagine di copertina di Antonello Alici, un momento degli incontri]. La prima giornata di studio ha visto il tour di alcune architetture decarliane con il finale a Ca’ Romanino dove sono stati letti, dagli studenti di architettura di Cesena, brani tratti dagli scritti di De Carlo.

Tuttavia il focus centrale della due giorni si è concentrato sul piano di conservazione dei collegi urbinati che vertono in un profondo stato di degrado, soprattutto il Collegio del colle, il primo realizzato da De Carlo nel 1965 e che rappresenta un unicum italiano. Proprio questi collegi sono stati oggetto di un piano di conservazione finanziato nel 2015 dalla Getty Foundation attraverso il programma Keeping It Modern, grazie al network di università con capofila il Politecnico di Milano e lo studio MTA, composto dagli associati dello studio De Carlo, l’Università Carlo Bo, il CNR e l’Erdis, l’ente regionale di gestione dei collegi. Il programma ha poi elargito un ulteriore finanziamento per lo studio della vulnerabilità sismica.

Un progetto ambizioso, con la predisposizione di un software per la gestione della manutenzione e degli interventi da attuare, che non è stato ancora attivato a 5 anni dalla presentazione del piano di conservazione. Un piano che pone la questione se sia più importante rendere efficienti energicamente gli alloggi, stravolgendo il progetto originario per sostituire gli infissi, anziché attivare un progetto di restauro esito di una strategia complessiva che possa valorizzare e non alterare l’opera di De Carlo. Indubbiamente si può raggiungere un buon compromesso tra efficienza energetica e conservazione senza modificare pesantemente le architetture.

Ma sono tutte le architetture progettate da De Carlo a Urbino che soffrono di degrado: a partire da Magistero, l’opera più complessa, che ha rappresentato per l’architetto genovese il “suo” palazzo ducale. Vi si riscontra un’assenza di manutenzione nell’elemento architettonico più significativo: il lucernario semicircolare che rompe la monomatericità del tessuto urbinate aprendo lo spazio interno delle aule alla luce e al paesaggio.

Qui, però, entra in gioco la sensibilità dell’istituzione universitaria nel salvaguardare l’insieme delle architetture che l’allora rettore Carlo Bo commissionò a De Carlo. Ma è tutta la politica urbinate che dovrebbe farsi carico di questa eredità.

Negli ultimi anni il patrimonio architettonico novecentesco è sotto attacco e i vari bonus uniti alle risorse del recente PNRR consentono, senza remore, di abbattere o sfigurare ancora più facilmente architetture di pregio non vincolate, lasciando sovente impotenti le Soprintendenze. Infatti, la sessione “SOS 900” di Docomomo Italia ha dedicato un focus proprio alle architetture che rischiano di essere alterate e demolite, come le cupole di Dante Bini in Emilia-Romagna, il Palazzo Ina di Piero Bottoni a Milano, lo stadio Franchi, opera di Pier Luigi Nervi a Firenze, le Officine meccaniche Gandolfi di Glauco Gresleri a San Lazzaro di Savena, il Centro congressi della Regione Piemonte di Amedeo Albertini a Torino, le case a torre di Roberto Costa e Dino Tamburini a Trieste.

Valorizzare l’architettura moderna non è solo una questione per addetti ai lavori, bensì consente la creazione di una nuova economia, attraverso un turismo che sappia coniugare, nel caso urbinate, il Rinascimento con il Moderno, un’unicità senza eguali che la politica deve saper cogliere per il rilancio di Urbino.

 

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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