Stadio Franchi: si può alterare un’opera anche senza toccarla
Considerazioni a margine del concorso per la valorizzazione dell’impianto di Pier Luigi Nervi a Firenze, che porterà un segno estraneo e fuori scala
Published 11 aprile 2022 – © riproduzione riservata
Sulla “revisione” dello stadio Franchi occorre fare alcune considerazioni preliminari al giudizio sui progetti selezionati. Un intervento così delicato parte dalla formulazione di un bando di concorso e dalla scelta della commissione giudicatrice. Il primo andrebbe considerato un atto di buona volontà dopo le polemiche sorte a seguito della paventata manomissione della struttura di Pier Luigi Nervi, al punto che c’è voluta una sollevazione internazionale per scongiurare iniziative irreversibili. Osserviamo, intanto, che nel Documento di indirizzo alla progettazione sono integralmente riportati il testo dell’articolo 55-bis del DL n.76/2020, poi Legge n. 120/2020. Seguono le indicazioni del Ministero che ha assunto, nella circostanza, un inedito ruolo di orientamento al progetto.
Un articolo su misura per lo stadio
Che l’articolo 55-bis fosse stato scritto pensando allo stadio Franchi, non v’è alcun dubbio. Lo dimostrano le motivazioni irritualmente inserite nel testo della norma come se, invece che una legge, si trattasse di un provvedimento amministrativo. Lo dimostra la previsione di deroga agli articoli del Codice dei beni culturali e del paesaggio: “L’esigenza di preservare il valore testimoniale […] è recessiva rispetto alla […] funzionalità […] ai fini della sicurezza, della salute e dell’incolumità pubbliche”. Sancendo così, con una legge ordinaria, una gerarchia tra valori costituzionalmente tutelati: la salute pubblica (articolo 32 della Costituzione) e l’interesse culturale (articolo 9, tra i principi fondamentali della Costituzione). E, guarda caso, solo per gli impianti sportivi. Come se ospedali, teatri, musei, scuole, tutte le altre strutture pubbliche fossero esenti da analoghe esigenze. Lo dimostrano, infine, la facoltà assegnata al Ministero di indicare preliminarmente “gli elementi […] di cui sia strettamente necessaria a fini testimoniali la conservazione o la riproduzione anche in forme e dimensioni diverse da quella originaria […] (anche) mediante interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia”. Termini contrastanti in modo clamoroso con l’articolo 20, comma 1 del Codice: “I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”. Questa norma, maleodorante di incostituzionalità, ha costituito uno dei fondamenti del bando.
Quanto alla commissione, si osserva che i componenti più noti non sono italiani: il portoghese Gonçalo Byrne e la francese Odile Decq, con l’inglese Andy Simons esperto d’impianti sportivi, prevalentemente qualificati sul piano della progettazione. Poi, un rappresentante del MiC e altre figure del professionismo nazionale. Ma è singolare che non sia stato invitato nessuno storico del settore. Si è rinunciato alla valutazione storiografica per un esempio che più calzante non potrebbe essere di quel “costruire nel costruito” che sempre più caratterizza la progettazione del “nuovo” nella vecchia Europa e, in particolare, in una delle città più rappresentative della cultura italiana. Una disciplina in cui, peraltro, l’Italia non ha rivali, mentre la tutela e la progettazione costituiscono ambiti meramente applicativi, in varia misura condizionate dalle circostanze del luogo e del momento.
I progetti
E veniamo a una preliminare considerazione sui progetti. In particolare, sui primi tre classificati, che propongono nuove gradinate in corrispondenza delle curve in testata e delle tribune, con nuovi spazi e attrezzature; e non toccano la struttura preesistente. Con una sostanziale differenza del secondo e del terzo rispetto al primo.
Nel progetto vincitore una copertura metallica di forma rettangolare, irrigidita da travi metalliche e sorretta da alti e sottili pilastri, copre l’intera struttura di Nervi con un segno ad essa del tutto estraneo, ponendola fuori scala e parificando il vecchio stadio e le nuove strutture sotto un unico cielo artificiale in lamiera, indifferente a ciò che copre come la copertura di un’area archeologica. Dall’esterno appare totalmente modificato il rapporto tra lo stadio storico e il contesto urbano circostante: si può alterare un’opera anche senza toccarla.
Gli altri due progetti, viceversa, propongono un organismo unitario, che non si sovrappone allo stadio esistente, ma vi si affianca dall’interno. Le strutture in calcestruzzo di Nervi respirano liberamente sotto il cielo “naturale”: alla luce del sole, sotto le nuvole o, di notte, sotto le stelle.
Nato a Napoli (1948), vi si laurea in Architettura nel 1973. Direttore presso la Soprintendenza BAP di Napoli e provincia dal 1979 al 2013 e Soprintendente reggente nel 2000. Componente del comitato tecnico per il Piano nazionale per gli archivi e l’architettura del Novecento del MiBACT (2001-2013). Membro del comitato scientifico dell’Associazione Dimore Storiche – Campania. Presidente di Do.Co.Mo.Mo. Italia ONLUS. Autore di numerosi restauri e di allestimenti di mostre di architettura e arte. Premio ex-aequo al concorso per progetti pilota per la conservazione dei monumenti tra Paesi membri CEE con il progetto per la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli (1988). Dal 1996, docenze a contratto presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, la Seconda Università degli studi di Napoli, l’Università degli studi della Basilicata e l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa. Tra le principali pubblicazioni recenti: “L’area metropolitana di Napoli. 50 anni di sogni utopie realtà” (curatela con M. Visone; Napoli 2010); “Maledetti vincoli. La tutela dell’architettura contemporanea”, Torino 2012; “Time Frames: Conservation Policies for Twentieth-Century Architectural Heritage (curatela con M. Visone; Londra-New York 2017)