Premi IN/Architettura Lazio, Abruzzo e Molise: segnali incoraggianti, ma c’è un “caso Roma”
Con una forte disomogeneità nella distribuzione geografica delle opere, la Capitale, fanalino di coda, è afflitta da una serie di criticità
Published 1 febbraio 2021 – © riproduzione riservata
Nonostante le difficoltà oramai strutturali di un settore della cultura che non riesce più ad essere riconosciuta come un valore fondamentale dell’identità italiana; nonostante un sistema normativo che riduce il progetto di architettura ad un ruolo puramente strumentale nel processo di produzione edilizia; nonostante una contingenza sanitaria che non ha precedenti nella storia dell’umanità dell’ultimo secolo; nonostante tutto ciò, gli architetti italiani continuano a mostrare tutto il valore di una scuola che ha tradizioni millenarie ed a riconfermare la loro ferma caparbietà a voler riconquistare gli spazi di praticabilità per una disciplina che ha un ruolo centrale nel definire i caratteri identitari della nostra cultura.
L’In/Arch, con questi Premi, da una parte ha inteso farsi strumento attivo in una battaglia culturale per la riaffermazione del ruolo centrale dell’architettura nella cultura italiana contemporanea e, dall’altra, ha creato l’opportunità per spazi di visibilità che ne valorizzassero gli esiti migliori. L’obiettivo è stato quello di ricreare un rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti dell’architettura e, contemporaneamente, incoraggiare gli architetti a perseverare nella ricerca di livelli qualitativi di eccellenza. L’organizzazione su base regionale ha consentito, inoltre, di costruire uno spaccato che evidenziasse gli andamenti di un’attività che non si esplica in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale ma, al contrario, sembra subire con molta chiarezza le influenze di ambiti territoriali differenziati per condizioni sociali, economiche e culturali.
In/Arch Lazio ha avuto il compito di valutare i progetti provenienti da tre distinti ambiti regionali: il Lazio, l’Abruzzo ed il Molise. È significativo che la commissione giudicatrice, costituita da soggetti provenienti da esperienze culturali molto diversificate (professionisti, docenti, giornalisti…) per età e per genere, abbia espresso le sue valutazioni sempre all’unanimità. Il livello di partecipazione è stato alto sia in termini numerici che sul piano qualitativo ed è stato molto confortante, da una parte, la riconferma di professionisti già ampiamente affermati sul piano nazionale, ma anche e principalmente, l’emergere di nuovi profili professionali di diverse generazioni di architetti che dimostrano una notevolissima capacità di rapportarsi con il contesto e di spingersi, con molta abilità, alla risoluzione di particolari architettonici di dettaglio di grande maestria e, talvolta, di elevata poeticità.
Emerge, d’altra parte, con grande evidenza anche una forte disomogeneità nella distribuzione geografica delle opere, premiate e non, che contrariamente a quanto si può supporre vede un numero molto esiguo di progetti realizzati nella Capitale. Mentre in generale nei territori regionali presi in esame esistono spazi di praticabilità e richieste da parte di enti pubblici o di privati in grado di generare processi virtuosi (con alcune punte di eccellenza) di rigenerazione architettonica e urbana, nel territorio romano le occasioni sembrano essere pochissime tanto che possiamo oggi supporre che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio “caso Roma” nel campo dell’architettura. Intendiamoci, i pochi esempi di opere in lizza realizzate a Roma esprimono elevati profili di professionalità. Si potrebbe supporre (ed è solo parzialmente vero) che molte opere di qualità non si siano candidate, ma trattandosi di una delle capitali più importanti del mondo, ci dovrebbe essere un evidente fiorire d’iniziative di trasformazione urbana. Così non è. Il contesto generale in cui operano gli architetti a Roma è assolutamente anomalo e questo pesa sulla categoria che è chiaramente in sofferenza.
Il “caso Roma”
C’è un problema rilevantissimo legato alla labirintica e inestricabile procedura amministrativa che impedisce a chi non ha dimestichezza con gli uffici preposti ad ottenere le legittime autorizzazioni. C’è, di conseguenza, una richiesta di progettazione che raramente cerca risposte qualitativamente alte perché molto più complesse da ottenere. Non è un caso che le opere premiate, di eccellente qualità, siano il frutto di lunghissime ed accidentate trafile amministrative e, quindi spesso, siano state realizzate a distanza di anni dalla fine della loro progettazione.
All’eccesso di normative già esistente si è aggiunta di recente, in conseguenza di un emendamento al Decreto Semplificazioni, l’estensione dei vincoli di tutela architettonica a tutte le zone A di PRG che interessa ampie parti della città incluse aree collocate in periferia. Negli ultimi anni della gestione della Capitale si è accentuata la farraginosità delle decisioni politiche, conseguenza di un’aprioristica conflittualità culturale e politica. La sistematica applicazione di una logica di spoil system ha determinato un continuo cambiamento di strategie e di priorità anche nell’ambito delle trasformazioni urbane.
Il risultato è stato che una serie di concorsi di architettura hanno completato faticosamente il loro iter fino all’aggiudicazione e sono poi rimasti nel cassetto o, addirittura, sono stati banditi concorsi che sono arrivati fino alla consegna degli elaborati senza mai arrivare all’aggiudicazione. Il concorso per la copertura dello stadio del tennis, ad esempio, bandito ad ottobre 2019 e scaduto il 10 gennaio 2020, è ancora in attesa della nomina della giuria.
Esiste quindi una concreta difficoltà per i giovani architetti di cimentarsi e di mettersi in mostra che impedisce il necessario e naturale ricambio generazionale. I giovani architetti, viste le scarse occasioni nella professione, trovano pochi spazi praticabili; se molto bravi riescono a mettere a frutto le loro capacità su opportunità di piccola dimensione, per lo più nell’ambito della riqualificazione.
Questa è la sfida che In/Arch Lazio deve raccogliere, cercando di svolgere un ruolo attivo nel superamento di questa fase di oggettiva criticità. Noi stiamo cercando d’incidere nella nostra realtà territoriale, ma ritengo che sia utile metter a frutto il grande successo dell’iniziativa dei Premi con i quali l’In/Arch ha dato grande prova di sé, rafforzando il proprio ruolo culturale, e lanciare a livello nazionale quella che è la vera grande sfida per ridare all’architettura il proprio ruolo d’indirizzo nelle scelte delle trasformazioni nel territorio italiano: la modifica del Codice degli appalti. Non basta infatti proclamare a parole, con una legge per l’architettura, la centralità del progetto, se poi quest’ultimo nella normativa vigente continua ad essere considerato un’attività di fornitura di servizi.
È, ritengo, il momento giusto per l’In/Arch di alzare la posta!

Nato a Roma (1943) e laureato in Architettura nel 1969 presso l’Università La Sapienza di Roma, è iscritto all’Ordine degli Architetti di Roma dal 1970., di cui è stato presidente dal 1999 al 2013. Nel 1989 fonda lo Studio Schiattarella (dal 2009 Schiattarella e Associati), che negli ultimi 15 anni ha completato più di 100 progetti in Europa, Est Asiatico e Medio Oriente. Fondatore della Casa dell’Architettura di Roma, è attualmente presidente dell’International Academy of Architecture e di IN/Arch Lazio. Nel 2005 è stato insignito del titolo di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal ministro della Cultura francese. Nel 2018 ha vinto il premio “100 Eccellenze Italiane” come migliore architetto italiano dell’anno. Le sue opere sono state pubblicate da riviste nazionali e internazionali, ricevendo importanti riconoscimenti (Iconic Award, American Architecture Prize).