Premi IN/Architettura Marche, Umbria e Toscana: radicamenti ai luoghi

Premi IN/Architettura Marche, Umbria e Toscana: radicamenti ai luoghi

 

Le 199 opere candidate rivelano molti sguardi inediti sul fare

 

URBINO (PESARO E URBINO). Venerdì 16 ottobre, presso la Sala del trono del Palazzo Ducale si è svolta la IV edizione dei Premi IN/Architettura 2020 per le regioni Marche, Umbria e Toscana. Il presidente Marco Montagna e la giuria danno un bilancio positivo per le 199 opere candidate, a rappresentare un inedito sguardo dell’architettura contemporanea dei luoghi. Occasione, oltre le difficoltà sanitarie, di proseguire la ricerca e diffusione delle realizzazioni, nello spirito che anima la sezione dalla sua fondazione nel 2004. Uno stimolo ad agire con qualità nella rigenerazione e ricostruzione del patrimonio edilizio e urbano esistenti, che oggi offre 84.000 fabbriche pubbliche e private in attesa d’intervento. Bacino di lavoro, come ricorda il presidente ANCE Marche Costanzo Perlini, in cui l’architettura contemporanea potrà avere il diritto di esprimersi.

Le opere nelle diverse categorie mostrano uno scenario sperimentale frammentato di risultati architettonici, distinti per programma, tecnologia e comunicazione, che esprimono l’eterogeneità di una bellezza democratica, maturata all’interno di limiti normativi e opportunità tecniche. Con una differenza di linguaggi e tassonomie aderenti a destinazioni, obiettivi economici e letture tipologiche, includendo le frizioni fra esistente e nuovo, in cui i corpi antichi si lasciano valorizzare da innesti rifunzionalizzanti, ed efficaci per la forza di una semplicità e raffinatezza sartoriale di esecuzione, appartenenti all’artigianato tipico delle tradizioni regionali.

I magazzini di Nazareno Petrini, l’Istituto zooprofilattico di Sardellini Marasca Architetti ad Ancona (immagine di copertina), la nuova chiesa di Contini Architettura e il centro sportivo di Basili, Festelli e Lupo Architetti ci fanno comprendere il grande interesse con cui è necessario oggi approfondire il tema della qualità tipologica dell’industria, di uffici, ricerca e spazi di comunità, come opere funzionali e di grande rappresentatività. Attraverso lo studio morfologico che disegna in pianta e in alzato forme regolari dalle proporzioni modulate, armoniche ed auree, che siano di nuovo disegno o inglobino edifici esistenti. Disposizione di corpi che qualificano i ritmi del muoversi fra ambienti interno-esterno ed interno-interno, adagiandosi ad ogni geografia di terreno. I fronti e i piani connotano la riconoscibilità dell’edificio, con la sintassi compositiva dai riferimenti internazionali, in grado di risolvere anche aspetti ambientali. S’integra l’uso di nuovi e modulari sistemi di costruzione, di rivestimento materico, performante e naturale, caratterizzato da cromie e tessiture che fanno dell’edificio un simbolo radicato nel luogo, fra produttività, conoscenza, salute e spiritualità.

Un rapporto con il luogo che può diventare integrato e simbiotico, come nella cantina vinicola di Zitomori in cui il getto materico di calcestruzzo in opera richiama l’unicità del lavoro manuale. Quel lavorio intenso, pregiato ed unico, che si rivela in un’opera solida custode di ricchezza irripetibile. A confronto con l’effimero intervento di ND Studio che attraverso la povertà di componenti modulari di cantiere crea l’Arena Q1, in grado di trasformare temporaneamente lo spazio pubblico fiorentino, per eventi di socialità sempre differenti, generando effetti di appropriazione del luogo.

Condizioni intimistiche e private si aprono al vasto orizzonte delle colline umbre e marchigiane, nella Casa K di Alessando Bulletti e Giovanna Bignami, nel recupero dell’edificio colonico di Nazareno Petrini e Casa Noè di Silvia Brocchini Studio, fra nuova costruzione, addizioni, e riuso in edifici settecenteschi. Sottolineando come i progettisti perseguono ancora oggi incessanti studi che identifichino nell’opera, in particolare attraverso il ricercato tratto formale, l’uso di pietra arenaria e raffinate soluzioni di dettaglio. O addizioni, che mescolano la tradizione di corpi rurali con parti che rimandano all’architettura spagnola, per destinazioni pubblico-conviviali, in cui le grandi vetrate sono incorniciate da bordi che cromaticamente si legano all’edificio esistente, per rimarcare al contempo unità e distinzione tipologico-temporale. Portando alla più alta attenzione la sensibile e precisa cura della materia esistente, come riuso, per valorizzare la patina del tempo.

Un rapporto fra passato e contemporaneità che si può intensificare ed impreziosire, come ci comunicano il nuovo Museo degli Innocenti di Ipostudio e il Museo nell’ex Chiesa dell’Annunziata di Guendalina Salimei. Spazi d’identità storica e culturale che ci invitano al coraggio di confrontarsi con l’antico senza temerlo e sovrascriverlo, ma aggiungendo ad esso nuovi significati attraverso allestimenti e corpi connettivi riconoscibili che rinnovano la vita del pregiato corpo esistente, diventandone custode.

La giuria composta da Adolfo Baratta, Paolo Bonvini, Nicola Di Battista, Paolo Luccioni, Marco Montagna, Costanzo Perlini, Fabrizio Rossi Prodi, Giovambattista Paladino e Marco Struzzi, ha premiato alla carriera nelle Marche Innocenzo Prezzavento, «architetto fortemente originale la cui ricerca progettuale si è sempre mantenuta lineare ed espressa nelle opere maggiori di matrice organica», apprezzate anche da Bruno Zevi, fondatore nel 1959 dell’IN/Arch, con cui mantiene una lunga corrispondenza. Mentre per la Toscana è stata scelta l’essenziale sintassi compositiva in rapporto con la storia e la natura della materia di Massimo Carmassi. Il premio Bruno Zevi per la critica e la comunicazione è invece andato all’internazionale “architetto anarchico” Gianni Pettena e alla rivista Mappe. Luoghi percorsi progetti nelle Marche”, che da vent’anni opera un’integrazione multidisciplinare organizzando eventi artistico-culturali. Infine, una menzione d’onore alla memoria è stata assegnata all’architetto Bruno Signorini.

 

Elenco completo dei premiati

 

Autore

  • Valentina Radi

    Nata a Fano (1980), architetta e docente incaricato di Teorie della ricerca architettonica contemporanea, dottore di ricerca, afferisce alla sezione Architettura del Centro Architettura>Energia dell’Università degli Studi di Ferrara. La sua attività di ricerca volge l'interesse allo studio dei caratteri tipologici-morfologici e tecnico costruttivi dell'architettura nelle regioni mediterranee. Da alcuni anni approfondisce il tema dell’abitare sotto un profilo progettuale e sociale. È ideatrice e referente della ricerca Vitruvio e l'abitare contemporaneo. Partecipa a convegni nazionali ed internazionali, è autrice di volumi, capitoli di libro ed articoli scientifici in riviste di settore. 

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