Progetto del paesaggio verso il Green New Deal: non solo High Line
Si moltiplicano gli interventi sulla scia dell’esempio newyorchese. E possono aiutare nel perseguire gli obiettivi del New European Bauhaus
Published 5 maggio 2021 – © riproduzione riservata
Bello Sostenibile Insieme sono le parole chiave del New European Bauhaus per la riconversione del progettare oggi per il pianeta di domani, che lasceremo alle Next Generation EU.
In pieno Antropocene, tra pandemie globali e cambiamento climatico, e in corsa verso la “transizione ecologica”, si moltiplicano idee e progetti “green”, spesso più mediatici che sostenibili. Certo non è facile mutare radicalmente paradigmi culturali che per decenni hanno sostenuto una colonizzazione antropica indifferente ai luoghi, alle impronte ecologiche, ai costi-benefici che invece avremmo ben dovuto valutare. Ora, in scadenza di pressanti obiettivi e risultati attesi, anche di livello internazionale, tra Global Goals e EU Recovery Plans, ci troviamo a dover riorganizzare tempi, modi e costi del nostro progettare, realizzare e gestire il costruito, sia nuovo che vecchio. Riorientando quindi temi – necessariamente trasversali e sinergici – che vanno dalla rigenerazione alla forestazione urbana, al controllo delle acque, alle reti ecosociali tutti afferenti e fondanti il progetto di paesaggio.
Non inanimato supporto fisico del nostro fare, il paesaggio è sistema vivente che deve poter esprimere i servizi ecosistemici che gli sono propri e che sono fondamentali, oltre che gratuiti, anche per l’uomo. E che, richiamando la Convenzione europea del Paesaggio (2000), è di qualità se corrisponde alle “aspirazioni delle popolazioni” ed è tutto: “spazi naturali, rurali, urbani e periurbani, acque interne e marine […] sia eccezionali […] che degradati”.
Ricucire il gap tra capitale naturale e umano
Cosa fare quindi? Innanzitutto ricucire il suicida gap tra capitale naturale e capitale umano puntando con decisione a una crescita rigenerativa con rinnovate logiche progettuali (economia circolare e sostenibilità ambientale) e metodologie attuative (progettazione integrata e buone pratiche) inoculate di Nature Based Solutions e sistemi verdi adattativi. Anche superando quindi il DNSH (do not significant harm) come fece la Francia oltre 40 anni fa, quando per la costruzione di 40 nuove autostrade emanò una direttiva che obbligava al contestuale miglioramento della biodiversità e al recupero del degrado ambientale. Il tutto sotto la supervisione del Collegio di esperti di paesaggio e Ambiente diretto dal paesaggista Bernard Lassus.
Oggi, ancor più che allora, crisi ambientale ed economica forzano le trasformazioni antropiche verso sviluppo equo-sostenibile, inclusione sociale, coesione intergenerazionale e territoriale. Obiettivi, questi, che non possono che costruirsi sui territori e con le popolazioni locali, valorizzandone vocazioni e potenzialità intrinseche, e così promuovendo diversità, bellezza, economia, identità, benessere e il genius loci sempre più a rischio globalizzazione.
Non solo High Line
Questo è il contesto culturale, prima ancora che tecnico, entro cui fare architettura e valutarne qualità e sostenibilità. Come per lo straordinario “mondo delle High Line”, significativo non solo per le innovative soluzioni progettuali ma anche per il processo partecipativo di cura e resilienza che lo contraddistingue. Dalla Promenade plantée, nata a Parigi entro una vasta rigenerazione urbana, le successive operazioni nel cuore delle città gemmano da tenaci sollecitazioni delle comunità locali. A partire dai Friends of High Line che a New York salvano la degradata West Side Line e la natura spontaneamente lì affermatasi per farne, insieme a paesaggisti e botanici esperti, l’iconico parco lineare sospeso oggi visitato da oltre 7 milioni di persone l’anno: tra mostre, concerti, visite botaniche e un milieux di locali, botteghe artigiane, musei e architetture glam e ardite (Shed e Vessel i più recenti).
E che il processo vinca sul progetto è dimostrato anche da casi come la CicLAvia di Los Angeles che, immateriale, si afferma improvvisa e ubiqua tra le vie liberate dal traffico e, per un giorno, occupate da eventi e cimenti tra chioschi, bici, monopattini, in una condivisa riappropriazione della città tra comunità locali e pubblica amministrazione.
Diverse sono le “High Line” nel mondo: sospese, a raso, sopra/sottostanti ferrovie, strade, ponti, che mutano paesaggi difficili o frammentati in facilities di qualità e benessere anche in partenariato tra pubblico e privato. Come la Underline a Miami, il Presidio Tunel Tops a San Francisco, l’11th Street Bridge Park a Washington, il Seullo Skigarden a Seul, la Rambla de Sants a Barcellona, il Crossrail Place a Londra. E anche non “verdi” ma immerse nel verde come nel Forest Sports Park a Guangming, e in parchi urbani come nella Canopia a Barcellona (Agence Ter), lo Zaryadye Park a Mosca e il The Tide a Londra (Diller Scofidio + Renfro), il Pedestrian Bridge nel Millennium Park di Chicago.
Altre eccezionali “High Line” sono lungo le coste tra aree umide, parchi, waterfront che gestiscono le sfide al cambiamento climatico integrando percorsi alti o sopraelevati a gestire fruibilità sicura e multisensoriale anche in condizioni d’inondazioni estreme. Come nel Yanweizhou Park (Jinhua, 2014- Landscape of the Year 2015) del pluripremiato paesaggista Konjian Yu-Turenscape, nel South Bay Sponge (James Corner Field Operations, nel Huangpu River bank di Shanghai (Agence Ter). Tutti sponge projects altamente adattativi e resilienti.
Interventi che coltivano l’appropriazione collettiva necessaria al Green New Deal, generando intriganti spazi pubblici lineari ad elevata capacità ecologico-paesaggistica, che diventano reti ecosociali multifunzionali lungo le quali moltiplicare esperienze plurisensoriali, mobilità, turismo, benessere, accoglienza, nuove opportunità di lavoro e economia. Anche con e nella natura.
Laureata al Politecnico di Milano, specializzata in Architettura del Paesaggio all’Università di Genova, da oltre 25 anni si occupa di progettazione ambientale (libero professionista, docente, dirigente pubblico) e di promozione di tecniche e professioni per la tutela e valorizzazione del paesaggio nelle associazioni di riferimento (AIAPP, AIPIN, SIEP, AAA). Esperta e docente di Progettazione ambientale e di Ingegneria naturalistica, ha diretto il Settore Arredo, Verde e Qualità urbana del Comune di Milano. È stata presidente AIAPP Lombardia e vicepresidente nazionale AIAPP. Dal 2019 è delegato AIAPP al Coordinamento associazioni tecnico-scientifiche per l’ambiente e il paesaggio. Dal 2020 è vicepresidente nazionale AIPIN. È progettista di spazi aperti e verdi, e d’interventi per la sostenibilità e resilienza urbana e territoriale di area vasta (recupero cave, rinaturazione corsi d’acqua, sistemi verdi, reti ecologiche, mitigazioni ambientali). Organizza convegni e corsi di formazione professionale sui temi del paesaggio, pubblicandone presso editori e riviste di settore