Architettura tra povertà del milieu e marginalità
Le riflessioni della presidente di IN/Arch Piemonte in occasione del conferimento dei premi IN/Architettura per il Nord-Ovest
La prima domanda che mi sono posta, quando IN/Arch nazionale ha proposto di realizzare una nuova edizione dei premi IN/Arch-ANCE, nel solco della tradizione che negli anni ha contribuito in maniera importante al dibattito sull’architettura contemporanea e sulla costruzione in Italia, è stata: ma oggi a cosa servono i premi? Quale compito possono assolvere, oggi che esiste un’Olimpo ben identificato di archistar riconosciute e sono ben pochi, al di fuori di una élite di addetti ai lavori, quelli a cui interessa davvero discutere dei valori e dei compiti dell’architettura?
La grande stagione di quel dibattito sull’architettura e sul suo contributo alla costruzione del Paese, nella quale si sono consumate celebrazioni e scontri tra le diverse correnti di pensiero, che sembrava poter coinvolgere anche ambienti distanti dai più diretti e appassionati protagonisti del settore, è finita. Oggi ci si dibatte in ben altri temi, trascinati verso il fondo in una palude di norme, adempimenti e tecnicismi che, certo, sono anch’essi materiali di progetto, ma non ne esauriscono il senso. Rimangono alcuni coraggiosi, che continuano imperterriti a cercare di mantenere viva la fiammella della discussione. Gli articoli di questo Giornale ne sono testimonianza, così come il tentativo che IN/Arch Piemonte conduce di costruire occasioni di riflessione e dibattito sui temi urgenti del contemporaneo. Eppure le nostre città, i nostri territori, stremati dal degrado, dalle emergenze ricorrenti, dalla pandemia e da spazi e funzioni urbane inadeguate, reclamano oggi, più che mai, cura, attenzione e capacità d’innovazione.
È proprio alla ricerca d’indizi d’innovazione che abbiamo esaminato i progetti candidati, insieme agli altri giurati del Premio, nella vasta area che ci è stata assegnata: Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Erano 141 i progetti candidati, distribuiti in maniera non omogenea tra le diverse regioni, e i premi da assegnare spaziavano tra nuove costruzioni, rigenerazione urbana, riqualificazione edilizia, con una particolare attenzione rivolta ai progettisti al di sotto dei 40 anni. Tanti progetti – non tantissimi – risultato, forse, della riservatezza di questi territori, poco propensi a mostrarsi in pubblico (tutte le candidature sono visibili sul portale di Archilovers) e della nostra difficoltà nel raggiungere con efficacia le regioni dove non siamo presenti. La discussione, grazie anche all’altissimo livello dei membri della giuria, che ringrazio per aver prestato il loro tempo con generosità e passione, è stata di alto profilo, in alcuni casi serrata, in altri più temperata e condivisa. Ciò che emerge da questa complessa operazione, resa ancora più difficile dalle condizioni al contorno, che ci hanno obbligato a prediligere la comunicazione virtuale a quella diretta, è uno spaccato interessante, anche se non esaustivo dello stato dell’architettura e, più in generale, dell’industria delle costruzioni oggi. I premi, occorre ricordare, sono rivolti al processo edilizio nel suo complesso e coinvolgono progettisti, committenti e imprese.
Le considerazioni che sottopongo alla discussione – che avverrà nella tavola rotonda collegata alla premiazione – ma che mi auguro prosegua al di la dell’evento, sono forse un po’ crude, ma necessarie. Dall’orizzonte dell’architettura realizzata è scomparso quasi del tutto il committente pubblico. In particolare in Piemonte, mentre in Liguria i progetti pubblici sono un po’ più numerosi, con interventi di ricucitura, riqualificazione e restauro il più delle volte affrontati con elevato impegno dai progettisti. Gli interventi più importanti, anche dal punto di vista dell’investimento, sono invece legati a grandi aziende e promotori privati, che hanno affrontato la scelta impegnativa di associare all’immagine del proprio “brand” architetture di elevata qualità progettuale e costruttiva, in alcuni casi sommandovi la programmatica intenzione di affiancare la rigenerazione di una parte di città. Qualche committente privato si è ulteriormente spinto ad una selezione dei progetti attraverso il concorso di architettura, con esiti sicuramente interessanti.
Un aspetto che richiede attenta riflessione è quello dei progetti presentati da giovani professionisti; settore nel quale non tutti i premi sono stati assegnati, dopo aver dovuto constatare che ciò che occorreva segnalare era la sconfortante povertà di un milieu piuttosto che la qualità di singoli progetti. Fatte le debite eccezioni, le soluzioni progettuali si sono rivelate troppo spesso convenzionali, deboli, prive tanto di ambizione che di particolari capacità tecniche e di comunicazione. Se da una parte è evidente che i giovani scontano le enormi difficoltà d’ingresso nel mondo del lavoro, in un periodo nel quale tutti stentano a trovare committenti, appare altrettanto evidente che molti progetti si accontentano di rielaborare immaginari, figure, linguaggi prelevati dalle architetture di successo diffuse da riviste e piattaforme di settore, mentre in molti altri progetti non si può evitare di segnalare la resa acritica ai modelli commerciali diffusi dai media.
Persino gli ordini professionali, che hanno modificato nel tempo il proprio ruolo originario di custodi della deontologia, per assumersi (attraverso le fondazioni) il compito di promuovere la cultura dell’architettura, oggi hanno in molti casi accettato la deriva burocratica che sta trasformando i progettisti in certificatori, ed il loro impegno nel campo della cultura della formazione si è in buona misura concentrato sulla trasmissione di conoscenze tecniche e normative, rinunciando nei fatti a incidere sulla qualità del progetto. I giovani, più di altri, scontano l’assenza di quel dibattito diffuso di cui parlavamo all’inizio e, a mio parere, anche a livello universitario sembra essersi isterilito il confronto con le esperienze concrete e i protagonisti reali del progetto di architettura, abbandonando percorsi che hanno reso in passato, almeno il Piemonte, terra di sperimentazione e ricerca.
In sintesi, l’impressione generale che ne deriva, allagando lo sguardo anche alle candidature presentate in altre regioni, è che nella nostra area, pur nella crisi che ha provocato la chiusura di numerose attività e la severa contrazione dell’intero settore, esistano tuttora grandi professionalità e capacità di fare impresa, ma si stenti a trovare le condizioni affinché i temi dell’architettura, della città, del territorio, escano da una condizione marginale, gregaria e di limitato respiro per vedere riconosciuto, nel proprio ruolo civile, il concreto apporto al benessere collettivo.
Oggi diamo il nostro contributo attraverso questo premio; in futuro anche noi dovremo impegnarci nel cercare nuove strade di dialogo più allargato.
Immagine di copertina: Photo by Luís Eusébio on Unsplash
Premi IN/architettura, realizzati da IN/Arch e ANCE in collaborazione con Archilovers
Premiazione per le regioni Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta: 19 ottobre 2020 ore 15/19 (in presenza e in streaming) presso La Nuvola Lavazza, via Ancona 11a, Torino
Torinese, si occupa di progettazione architettonica nel campo della conservazione, della rifunzionalizzazione e di nuova edificazione, di pianificazione territoriale, di ideazione e organizzazione eventi e pubblicazioni, di formazione. Dal 2017 è presidente di IN/Arch Piemonte