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Alberto VignoloWritten by: Patrimonio

Ri_visitati. Villa Girasole a Marcellise, modernissima nonostante l’incuria

Si aprono spiragli per la valorizzazione dell’eccentrico gioiello realizzato nel veronese da Angelo Invernizzi, dal 2014 in stato di abbandono

 

Il passato

Potrebbe sembrare una bizzarria architettonica nata per scommessa, il retaggio di un’utopia futurista o, di contro, l’estrema frontiera di una sostenibilità dell’abitare alla ricerca dell’ultimo barlume di luce naturale. Eppure Villa Girasole è davvero – o meglio è stata – una casa girevole, perfetta espressione di fiducia nelle arti del costruire, felice connubio tra arte e tecnica e sorprendente esempio di una modernità lungimirante e innovativa. Un unicum quasi assoluto e in quanto tale una preziosa testimonianza, giunta sostanzialmente integra fino a pochi anni fa, ma che da qualche tempo patisce fenomeni di degrado che si accompagnano all’incertezza perdurante sul suo destino, ancora tutto da immaginare.

Costruita tra il 1929 e il 1935 a Marcellise, piccolo borgo in una vallata ricca di ciliegi nell’est veronese, la villa si deve alla volontà dell’ingegnere Angelo Invernizzi (1884-1958). Dopo aver fatto fortuna con l’impresa di costruzioni che fondò a Genova, dove realizzò, tra l’altro, la torre di 108 metri co-progettata con Marcello Piacentini, Invernizzi decise di realizzare per sé l’inconsueta dimora sperimentale nel borgo dove era nato.

La villa si compone di un basamento a pianta circolare su due livelli, addossato al pendio naturale del terreno, che in sommità fa da base di appoggio per un volume a L, anch’esso a due piani, imperniato al centro su un corpo scala-ascensore cilindrico attorno al cui asse era possibile una rotazione completa di 360° in entrambe le direzioni.

Un’opera frutto non solo dell’inventiva di Invernizzi, a cui si deve oltre all’idea generale il telaio strutturale in cemento armato (tecnologia costruttiva che aveva fatto la sua fortuna imprenditoriale), ma anche del lavoro congiunto con l’architetto veronese Ettore Fagiuoli, la cui mano è riconoscibile soprattutto nel basamento e negli interni, e con l’ingegnere meccanico genovese Romolo Carapacchi per gli apparati relativi al movimento rotatorio.

 

Il presente

Mai aperta al pubblico, la villa ha mantenuto una sua defilata notorietà anche dal punto di vista editoriale. Presentata per esteso già nel 1936 sulla rivista «Architettura», nonostante la sua unicità ha goduto solo di distillate apparizioni nelle cronache architettoniche fino al 2006, quando le è stata dedicata una bella monografia curata da Aurelio Galfetti, Kenneth Frampton e Valeria Farinati per le edizioni Mendrisio Academy Press, con una ricca campagna fotografica che la ritrae ancora magnifica e splendente, con tanto di arredi al loro posto.

La storia della villa è passata per la Svizzera italiana perché Lidia Invernizzi, figlia e unica erede dell’inventore del Girasole, per garantirle un futuro decise nel 2002 di lasciarla a una Fondazione intitolata ai propri genitori, Angelo e la madre Lina, che proprio a Mendrisio era nata. In quegli anni il coinvolgimento diretto nella Fondazione dell’Accademia di Architettura di Mendrisio ha portato ad alcuni lavori di ripristino del terrazzo superiore (2002-05), ma le complicanze di gestione di un bene in territorio italiano da parte di un ente di diritto svizzero hanno frenato progetti di più ampio respiro. Fino a quando, nel 2012, Mario Botta ha accompagnato il passaggio della Fondazione Il Girasole, di cui era consigliere, sotto l’egida della Fondazione Cariverona, committente del suo progetto per il recupero degli ex Magazzini generali di Verona allora in cantiere.

Con la scomparsa di Lidia Invernizzi nel 2014 inizia però una fase di decadenza, accompagnata da scelte gestionali quanto meno discutibili. Nonostante il complesso sia sottoposto a tutela monumentale (anche se non con un vincolo diretto, su cui sta lavorando ora la Soprintendenza di Verona), vengono alienati i terreni agricoli attorno alla villa e anche Corte Lavel, complesso rustico di ascendenza sanmicheliana compreso all’interno del parco. Nel frattempo, l’incuria ha preso il sopravvento, facendo strada agli agenti atmosferici: un fortunale nell’estate 2020 ha provocato i danni più consistenti.

 

Il futuro

Oggi la situazione del Girasole è finalmente a un punto di svolta: in accordo con la Soprintendenza, il nuovo Consiglio di amministrazione della Fondazione Cariverona ha messo in salvaguardia con opere provvisionali i danni ai rivestimenti e alle impermeabilizzazioni, nell’attesa di intervenire sul quadro fessurativo dovuto a un dissesto di recente origine. Nel contempo è stata avviata un’azione legale avversa alla vendita senza autorizzazione ministeriale di Corte Lavel, strategica per ogni uso futuro del complesso.

E proprio su quale futuro per il Girasole si gioca la partita più importante. È forse un bel sogno, ma è anacronistico pensare a un suo ripristino “come girava, dove girava”. Il movimento è da tempo fuori uso per un assestamento del terreno che ha compromesso il delicato assetto dei meccanismi: per giravolte e piroette, i parchi divertimento non mancano. A un progetto di conservazione della villa e del parco – compresa la Corte – dovrà seguire un’impegnativa campagna di reperimento delle risorse, che non può prescindere da un progetto scientifico di elevato livello e di scala sovralocale. L’idea della casa girevole è stata senz’altro pionieristica, ed è tuttora di grande fascino: oggi potrebbe farsi simbolo di un movimento circolare d’idee e pensieri in tema di sostenibilità. Un laboratorio di studio e di ricerca troverebbe spazi adeguati nella Corte, riservando al Girasole un ruolo di rappresentanza e inevitabilmente di museo di se stesso, per garantire finalmente la possibilità di visita a questo eccentrico gioiello architettonico.

C’è molto da lavorare in questa direzione: un comitato scientifico o una struttura analoga dovrà raccogliere in primo luogo le migliori risorse intellettuali tra università, istituzioni e aziende innovative, per poter restituire un futuro possibile al modernissimo sogno d’Invernizzi.

 

Autore

  • Alberto Vignolo

    Nato a Peschiera del Garda (Verona) nel 1968. Laureato in architettura al Politecnico di Milano, alla libera professione affianca la ricerca sulla comunicazione del progetto architettonico attraverso la redazione di articoli, saggi e monografie e l'organizzazione di mostre e iniziative culturali. Dal 2010 dirige la rivista «Architettiverona».

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Last modified: 22 Marzo 2021