Autogrill di Montepulciano, la demolizione lampo di un’icona
Sull’autostrada A1, la rapidissima scomparsa di un simbolo della modernità italiana testimonia la fragilità dei meccanismi di tutela
Published 26 ottobre 2021 – © riproduzione riservata
È un giovedì di un freddo ottobre, il giorno 14, quello in cui arriva la notizia dell’imminente abbattimento di uno degli autogrill a ponte, un’architettura iconica che ci ricorda l’Italian way of life degli anni sessanta del Novecento.
Si tratta dell’autogrill dell’area di servizio di Montepulciano, autostrada A1, un tempo conosciuta come Autostrada del Sole, che collega ancora oggi le principali città metropolitane della penisola: Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. Un sogno d’interconnessione su gomma che ha consapevolmente trascurato le vie del ferro e dell’acqua con una miope visione del nostro futuro. L’edificio, opera di Angelo Bianchetti (1911-94), costituisce una delle molteplici varianti e sperimentazioni portate avanti dall’architetto sotto la committenza e il brand della ditta Pavesi. Infatti, prima di Montepulciano (1967), altri esempi lungo la penisola furono costruiti a partire dal 1959 a Fiorenzuola d’Arda (1959), Novara (1962) e Feronia (1964).
Si trattava di rendere questa lunga lingua di asfalto, quasi sempre uguale a se stessa, un posto da abitare e da desiderare, da rendere parte della quotidianità. Qui la sosta si trasforma in esperienza, non solo per gli automobilisti che si fermano per necessità e ristoro, ma anche per gli abitanti dei centri limitrofi, che hanno così a portata di mano il desiderio realizzato di una nuova modernità. Il ponte sull’autostrada invita a una visione dall’alto che diventa celebrativa della stessa infrastruttura viaria. I cittadini ne fanno parte, ne diventano attori protagonisti e l’architettura è allo stesso tempo un ponte per chi lo percorre e un simbolico arco di trionfo per chi lo attraversa dalla strada.
Viene da sé che l’edificio di Bianchetti rappresenta una memoria di un tempo che fatichiamo a ritrovare, in cui architettura e ingegneria sperimentano strutture e tipologie inusuali, mutuate dai grandi padiglioni e libere dal vincolo della funzione intesa in senso stretto. È contemporaneamente un sogno americano realizzato a casa nostra e un’astronave all’interno della quale gli italiani trovano la rassicurante quotidianità del caffè e dei maccheroni. Questa architettura elegante e sbarazzina – con l’asimmetria della trave portante in acciaio corten e i rossi brise-soleil che occhieggiano dalle storiche riviste di architettura – accompagnava gli italiani durante le soste di viaggio con la stessa insidiosa leggerezza con cui ci si accende una sigaretta.
A Montepulciano tutto questo non c’è più. In meno di tre giorni, dalla sera di venerdì 15 a domenica 17 ottobre, il ponte di Bianchetti è stato smontato pezzo per pezzo, offrendoci lo spettacolo della demolizione di un altro simbolo dell’architettura moderna. Le ragioni di questo accadimento sembrano apparentemente molto semplici, poiché l’edificio era inaccessibile già da qualche anno per problemi strutturali. Fatto sta che dietro tale demolizione si legge la rinuncia a preservare i progetti moderni e a investire nel recupero, cioè nel restauro e nel riuso del patrimonio del Novecento. Inoltre, si evidenzia ancora una volta la fragilità della legislazione sulla tutela, se pensiamo alla legge 124/2017 e alla modifica del comma 5 dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che prevede adesso il vincolo temporale di 70 anni per i beni immobili di proprietà privata (dal 1902, con la legge Nasi, erano 50 anni), nonché al fatto che questo edificio pare essere sfuggito agli organi di tutela. Per tacere del recentissimo articolo 55-bis, il cosiddetto decreto sblocca-stadi, che consente demolizioni, in tutto o in parte, d’impianti sportivi storici, anche vincolati, sancendo la preminenza delle esigenze economiche e gestionali su quelle di tutela.
Di questa vicenda colpisce la celerità dell’esecuzione della demolizione, l’elevata capacità tecnica volta però alla dispersione anziché al recupero e alla tutela. Con la stessa leggerezza con cui era arrivato il futuro, ora velocemente ci lascia il nostro passato.
Immagine di copertina: © Emma Tagliacollo
Componente del Comitato Scientifico di IN/Arch, responsabile del percorso di formazione Storia e Critica per il CTF, componente della Commissione parità di genere sempre per l’Ordine degli Architetti di Roma e provincia. Già Segretaria di IN/Arch Lazio e di DO.CO.MO.MO Italia, è esperta di pratiche urbane e ricercatrice indipendente specializzata nel patrimonio culturale. Si occupa di temi del moderno ed è autrice di contributi, anche video, sulle trasformazioni urbane e sulla valorizzazione dei beni culturali. Ha lavorato come ricercatrice al CNR e all’Università Sapienza di Roma sui temi dei centri storici minori e della partecipazione come governance e strategia innovativa di valorizzazione. Ha collaborato in Cina con WHITRAP UNESCO per l’applicazione del Paesaggio Storico Urbano. Dall’esperienza sul campo ha ideato e curato il progetto “Passeggiate fuori porta” con CNR e IN/Arch Lazio. È dottore di ricerca e specializzata in “Restauro dei monumenti architettonici” all’Università Sapienza, dove ha insegnato Restauro e Progettazione architettonica e dove è stata titolare del corso di Teoria e storia del design.