Altromodo Architects, stazzo d'Aldia Lu Impostu a San Teodoro

Sardegna, qualità emergente (e resistente) negli scenari quotidiani

Sardegna, qualità emergente (e resistente) negli scenari quotidiani

Note a margine della mostra «La qualità emergente/Architetture recenti in Sardegna», organizzata da IN/Arch Sardegna

 

Negli ultimi decenni, si è cercato più volte di tracciare un quadro dei progetti e delle realizzazioni di architettura moderna e contemporanea in Sardegna. Il tentativo più recente, la mostra organizzata nel giugno scorso a Cagliari da IN/Arch Sardegna, è l’esito di un progetto di ricerca pluriennale presentato nel 2006: «La qualità emergente/Architetture recenti in Sardegna», una ricerca orientata a mostrare, attraverso la creazione di un registro in continua evoluzione, come la qualità costruita potesse essere cercata non solo in un “altrove” distante, ma anche negli scenari attraversati quotidianamente.

Si è pensato, fin da subito, ad una ricognizione non limitata a determinate categorie d’interventi, che fosse capace di cogliere trasversalmente, senza tenere conto della tipologia, della dimensione o del costo, l’emergere di pratiche di qualità. La volontà esplicita era quella di cercare contributi al dibattito sulla qualità dell’architettura, basati sulla concretezza delle opere costruite. Dal 2006 IN/Arch Sardegna pubblica una serie d’inviti, raccoglie quanto viene inviato e lo sottopone alla valutazione di un comitato scientifico, di cui hanno fatto parte nel tempo oltre ad Andrea de Eccher, Gianandrea Barreca e Mosé Ricci, anche Carme Fiòl i Costa e Luigi Centola. La selezione, piuttosto che essere basata su recinti anagrafici (i “giovani”, tanto per intendersi), categorie interpretative definite a priori o profili autoriali, ha cercato d’individuare opere che, superando la mera dimensione professionale, potessero testimoniare nuovi e costruttivi approcci alla trasformazione delle città e dei territori. Sono anni contrassegnati dalla fondazione, nel 2002, della Facoltà di architettura di Alghero, seguita, nel 2006, da quella di Cagliari, che mettono fine alla tradizionale marginalità della Sardegna per quanto riguarda lo studio e la ricerca nel campo dell’architettura. Nel 2007, a giugno, con il primo Festarch, Cagliari e la Sardegna si trovano improvvisamente proiettati, da una posizione storicamente periferica, al centro della scena architettonica. La quattro giorni organizzata da Stefano Boeri vide la partecipazione di quattro premi Pritzker: Rem Koolhaas, Paulo Mendes da Rocha, Zaha Hadid e Jacques Herzog, oltre che di decine di architetti di fama internazionale, di artisti, fotografi, scrittori, filosofi e critici. Nello stesso anno, nel pieno di una forte ripresa d’interesse per i temi dell’architettura e del paesaggio, IN/Arch Sardegna inizia a pubblicare, segnalare e diffondere, presso siti e riviste di architettura, le schede delle prime realizzazioni selezionate.

Il titolo dato all’iniziativa e, in seguito, alla mostra, “Qualità emergente”, contiene l’idea, piuttosto che di qualcosa che ha già acquisito uno status che la distingue una volta per tutte dalle altre, di qualcosa che “viene a galla” che inizia a comparire, che presenta motivi d’interesse e che per questo va osservata e studiata. I lavori presentati non hanno quindi la pretesa di rappresentare in modo esaustivo quello che di meglio è stato fatto in Sardegna, nell’arco dei circa 12 anni in cui sono state costruite le opere, quanto piuttosto di segnalarne alcuni tra quelli capaci di testimoniare la possibilità di realizzare interventi contemporanei di qualità senza perdere di vista la specificità dei contesti. Il filtro scelto, la realizzazione, ha fatto emergere esperienze e pratiche contraddistinte da un fare architettura non confinato nelle sole rappresentazioni o nella dimensione di una professione intesa solo come servizio, ma sostanzialmente rinunciataria nei confronti della ricerca.

La rassegna restituisce, per forza di cose, un panorama eterogeneo per quanto riguarda non solo le opere, ma anche il campo di azione e il profilo dei progettisti. A questo proposito riporto di seguito alcune considerazioni tratte dall’intervento di De Eccher, in occasione della presentazione della mostra, da cui emerge un quadro articolato di tipo “resistenziale”, forse uno dei pochi atteggiamenti oggi possibili per chi, non solo in Sardegna, ha ancora a cuore le sorti dell’architettura e dei nostri paesaggi naturali e costruiti.

 

Alcuni sono in città, ben visibili nei luoghi collettivi. Sono i progettisti di opere pubbliche. Li immagino disarmati, esposti al fuoco delle opinioni che li colpisce da tutte le parti a colpi di post e tweet, alle prese con incarichi pubblici, a lottare spesso a fianco – ma altre volte anche contro – amministratori, funzionari a loro volta persi dentro procedure burocratiche ed amministrative labirintiche ed estenuanti, con risorse umane ed economiche ridotte ben al di sotto della soglia del ridicolo. […]

Altri, i più numerosi forse, affrontano quasi disarmati il mondo dell’iniziativa privata, combattendo senza tregua in un mare, il mercato immobiliare, che comunque raramente premia la competenza e la capacità d’innovare, preferendo piuttosto l’opportunismo di chi sa come accelerare le procedure autorizzative o soddisfare il cliente con proposte che meglio si vendono in termini di marketing. […]

Infine ci sono quelli che per scelta o per destino combattono metaforicamente sulle montagne o nel fitto dei boschi. […]. Sono i partigiani, gli esponenti di quella guerriglia a bassa intensità che si fa nel mondo dei piccoli incarichi ai margini della professione, ibridando a volte la propria esperienza disciplinare con altre affini ma distinte (interior design, allestimento, grafica, paesaggismo ecc.). Il loro è un eroismo di altro tipo, non privo di poesia, che consiste nella capacità d’inventarsi un tema di progetto dove in realtà non ci sarebbe: nella modifica interna di un appartamento, in una fermata del bus, nella manutenzione di una facciata, in un’aiuola. […]

Questi combattenti mal invecchiati si aggirano per i campi di battaglia in tenuta mimetica in spregio a qualsiasi senso del ridicolo. Quello che vorrei dire è che ormai non è (o non è più) una questione di età. Di accesso alla professione. Come in altri settori del mondo del lavoro la precarietà per la maggior parte degli architetti è ormai una condizione esistenziale e non un punto di partenza. Ecco perché eventi di questo tipo se non diventano una seduta di “lustratura delle corazze” sono importanti.

 

In queste parole si legge, neanche tanto in trasparenza, sia l’assenza di quelle condizioni che in altri paesi europei favoriscono il consolidamento e la diffusione di pratiche di qualità, sia la percezione di una diversità italiana, purtroppo ormai permanente, che si sostanzia nei mille impedimenti a fare bene. A partire da queste considerazioni si può affermare che il senso della mostra e dell’iniziativa che la precede risiede, più che nella celebrazione di chi ha provato a fare al meglio il suo mestiere, nel mostrare il lavoro coraggioso di chi oggi insiste nel cercare di fare architettura nonostante sia un’impresa che richiede non solo capacità progettuali ma soprattutto una testarda e indomabile passione per una professione avvincente ma sempre più faticosa e avara di soddisfazioni.

 

* Articolo pubblicato nel numero 468 di «Industria delle costruzioni», luglio-agosto 2019

 

 

Autore

  • Giuseppe Vallifuoco

    Nato a Cagliari nel 1950, si laurea in architettura a Roma nel 1976 e tra Roma e Cagliari inizia la sua attività professionale. Tra 1983 e il 1992 è visiting critic e visiting professor presso la Syracuse University School of Architecture di Firenze e di Syracuse, il Pratt Institute School of Architecture di Brooklyn e il New Jersey Institute of Technology School of Architecture di Newark. Dal 1991 al 1996 è docente presso il Dipartimento di Architettura dello IED di Cagliari. Dal 1999 al 2001 coordina uno dei laboratori di Progettazione del Dipartimento di Architettura della Facoltà di Ingegneria di Cagliari. Dal 2005 al 2015 è presidente della sezione Sardegna dell’IN/Arch e dal 2015 al 2023 è membro del direttivo. Nel 2007 e nel 2008 fa parte del comitato scientifico di FESTARCH/Festival internazionale di architettura in Sardegna. Nel 2008 fonda, insieme a Mirco Pani e Ilene Steingut VPS architetti. Dal 2013 al 2021 è docente e coordinatore del corso di "Interior Design" presso lo IED di Cagliari

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