Sostituiamo il Codice della progettazione al Codice degli appalti

Sostituiamo il Codice della progettazione al Codice degli appalti

Un appello di IN/Arch per la modifica delle procedure a maggior garanzia della qualità degli ambienti di vita

 

La qualità degli ambienti di vita è al tempo stesso risorsa e strumento: incide profondamente su sicurezza, economia, libertà, benessere, felicità. Anche per misurare questi aspetti, da qualche anno al PIL viene affiancato il BES, l’indice del “benessere equo e sostenibile”.
Negli obiettivi e nelle procedure, i processi attraverso i quali gli ambienti si trasformano impongono attenzione, acuta. Sono questione sostanziale, culturale prima che economica e tecnica: centrali nella politica, essenziali per la democrazia. Gli ambienti di vita si evolvono attraverso una successione di momenti interrelati e distinti: quello attraverso il quale le esigenze si traducono in domanda; quello del progetto; quello in cui questo viene realizzato. Da qualche anno è in vigore il Codice degli appalti. Vorrebbe regolare il terzo di questi momenti, ma è stato generato in modi impropri e da un’ottica di settore. Anziché regolare, confonde, genera conflitti, rallenta. Inoltre indebitamente sconfina su temi del progetto.
C’è necessità di tutt’altro: semplici principi che consentano di produrre le trasformazioni nel modo migliore, con cura e velocità opportune. Già tradurre le esigenze in domanda, poi in programma di progetto, richiede linee guida adeguate al momento primario delle trasformazioni. Domande ben poste sono infatti precondizione per risposte appropriate: sia che derivino da intuizioni illuminate, sia che siano state approfondite attraverso intensi momenti di partecipazione. Sostanziale anche la qualità di concezione del progetto: impone ampiezza di vedute, alternative; poi confronti e valutazioni esperte. Formazione della domanda e concezione del progetto hanno costi irrilevanti nel complesso, ma presuppongono azioni indirette di lungo periodo. Comunque vanno distinti i ruoli -chi domanda, chi progetta, chi realizza, chi controlla, chi utilizza- perché collaborino senza sovrapporsi e senza essere contrapposti o conflittuali fra loro.
L’esperienza mostra poi risultati decisamente migliori se un unico soggetto cura le diverse fasi del progetto e sovrintende alla sua realizzazione. Fino al 2001 le norme incentivavano questi comportamenti. Oggi la prassi è diversa, con forti sprechi di tempo e aggravio dei costi per raddoppio delle validazioni.
Il Codice della progettazione non è una chimera, è essenziale per ristabilire condizioni in grado contribuire a migliorare gli ambienti di vita: se le loro qualità non fossero basilari e felicitanti, questo Codice sarebbe inutile.
* Il 17 maggio, alle Basiliche Paleocristiane di Cimitile, il Maggio dell’Architettura organizza un seminario sul Codice della Progettazione. Vi parteciperanno, oltre all’autore, Luca Zevi, Luigi Prestinenza Puglisi e Giuseppe Cappochin

Autore

  • Massimo Pica Ciamarra

    Nato a Napoli nel 1937. Docente di Progettazione architettonica dal 1971 al 2007; tra i fondatori dell’Istituto per la diffusione della cultura scientifica; vicepresidente IN/ARCH (1997-2011); presidente comitati scientifici “Bioarchitettura®” e IN/ARCH; docente dell'International Academy of Architecture; presidente dell'Observatoire International de l’Architecture e promotore della “Directive européenne sur l’architecture et le cadre de vie”. Dal 2006 dirige “Le Carré Bleu, feuille internationale d’architecture”. Fra i libri: “Integrare” (Jaca Book 2010); “Etimo: costruire secondo principi” (Liguori 2004); “Interazioni” (Clean 1997); “La cultura del progetto” (Graffiti 1996); “Qualità e concezione del progetto” (Officina 1994); “Architettura e dimensione urbana” (Ceec 1977). Sulla decennale attività dello studio da lui fondato è in uscita “Dai frammenti urbani ai frammenti ecologici - Architettura dei Pica Ciamarra Associati” (di Antonietta Iolanda Lima, Jaca Book 2016).

    Visualizza tutti gli articoli